16 Feb Il valore creativo della pausa
Nella società odierna, caratterizzata da un ritmo accelerato e orientata alla performance, abbiamo perso di vista l’importanza della pausa, un concetto ben noto ai Latini che dedicavano tempo all’”ozium” dopo il “negozium”. Questo tempo libero era necessario per coltivare ciò che era più vicino all’anima individuale.
Oggi l’ “ozium “ ha perso la sua caratteristica virtuosa di ricerca di sé e delle proprie inclinazioni più autentiche ma ha assunto piuttosto una connotazione negativa di perdita di sé diventando momento in cui ci si lascia andare alla semplice passività.
Tuttavia riscoprire ancora la capacità di ritagliarsi uno spazio di decompressione dai ritmi frenetici dei nostri tempi è in realtà molto utile per concedersi la possibilità di interrompere il “pilota automatico” della nostra quotidianità: una passeggiata senza fretta, concedersi un tempo per una propria passione (libro, musica, arte, scrittura), alzarsi una mattina più tardi, un weekend nel posto che ci dà emozione, trovare in sintesi del tempo per fare ciò che piace.
Freud sosteneva infatti che l’uomo sano sa vivere in ozio nel senso che sa concedersi una regressione e in questa disposizione d’animo sia interiore che esteriore può aprirsi ad un’ esperienza creativa. Chi soffre deve invece incessantemente trovarsi un’occupazione rifuggendo questa dimensione.
Autorizzare questa libertà è invece un dono prezioso per riscoprire aspetti di creatività e differenziarsi dall’omologazione che la società impone con i suoi ritmi saturanti .
Concedersi uno spazio insaturo e di respiro aiuta la persona a far riemergere aspetti di sè autentici che probabilmente ha rimosso e a sviluppare nuovi desideri più vicini alla propria natura. Un momento creativo simile al sogno quando dormiamo.
Ritroviamo così emozioni essenziali come la serenità, la gioia e l’entusiasmo che sono la chiave dell’appagamento e del piacere della vita.
Guardandoci intorno però notiamo che per molte persone risulta difficile concedersi questo spazio vuoto da ascoltare e da creare perché ne hanno paura provando il cosiddetto”horror vacui”,oppure ritengono di andare in crisi e di non esserne capaci: alcuni provano ansia, senso di disorientamento, senso di colpa o addirittura terrore e ci rinunciano ritornando ad aderire ai modelli apollinei del conosciuto che se da un lato sembra agevolare come un buon genitore , dall’altro non contempla il valore della differenza inibendo la soggettività e lo spirito critico, imponendo spesso ritmi di vita elevati e predisponendo la persona al superlavoro.
Studi scientifici hanno anche dimostrato che chi ha livelli di “arousal “ elevati (un indice che misura la prontezza di attivazione dell’organismo e l’eccitabilità)
spesso ha una maggiore tendenza a disperdere il proprio potenziale e ad avere un deficit nel pensiero critico.
Viene compromesso quindi il processo di individuazione di cui ha parlato a lungo Jung e il soggetto rimane identificato con un modello che richiede livelli di prestazione elevati per essere riconosciuti predisponendo con il tempo a stress e alienazione.
In questa prospettiva si coglie il valore prezioso della Pausa come momento d’amore e di creatività del proprio sè: una presa di coscienza quotidiana del proprio sentire e del proprio ritmo che rispetta l’unicità di ognuno di noi senza delegare ad altri questa responsabilità.
Il soggetto in un buon processo di individuazione deve imparare in sintesi a diventare madre e padre di se stesso rinunciando all’omologazione che un gruppo di appartenenza di qualsiasi tipo offre in modo seduttivo e rassicurante.
Se questo processo risulta faticoso o addirittura bloccato la scelta di un percorso terapeutico può essere l’occasione per andare a caccia della propria anima e della propria ombra dimenticata o negata vivendo lo spazio terapeutico come un momento di sospensione , di ricerca profonda e di recupero della propria dimensione creativa.
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